
Le nuove silhouette della maison francese tra ironia, sensualità e sogno mediterraneo
C’è sempre qualcosa di teatrale e inatteso nelle creazioni di Simon Porte Jacquemus. Un dettaglio spiazzante, un gioco di proporzioni, un’ironia sottile che si mescola alla sensualità più pura. E le sue borse non fanno eccezione. Ogni stagione, il designer francese riesce a trasformare un accessorio quotidiano in un oggetto del desiderio, sospeso tra arte e funzionalità.
Le nuove borse Jacquemus sembrano nate per essere fotografate, ma ancor di più per essere vissute. Linee geometriche, colori vibranti, manici scultorei e chiusure che somigliano a gioielli: ogni modello racconta una storia, evoca una vacanza nel sud della Francia, un pomeriggio assolato tra ulivi e vento nei capelli.
Il nuovo arrivato, Le Calino, ad esempio, è una piccola scultura da portare al polso. Le curve morbide, quasi femminili, ricordano una conchiglia o una piega di tessuto colta in un momento di danza. Viene proposta in nuance panna, burro, cuoio, ma anche in accenti vitaminici come il mandarino o il verde lime – colori che sembrano presi in prestito da un mercato provenzale di metà luglio.
Poi c’è Le Bambino Long, l’evoluzione più sottile e allungata del classico Bambino. Qui la borsa si fa gesto: si tiene sotto il braccio, come un libro d’artista, come un segreto. Il logo dorato si fa piccolo, discreto, perché non serve urlare quando si ha carisma naturale. E proprio in questa understatement risiede la forza della maison: un minimalismo che non è mai freddo, ma profondamente emotivo, sensuale.
Jacquemus non disegna semplicemente borse: costruisce immaginari. Ogni pezzo è pensato per chi ama la moda come esperienza sensoriale, per chi sogna anche nella scelta di un accessorio. Non è un caso che le sue campagne sembrino piccoli cortometraggi, pieni di vento, corpi nudi e cielo azzurro. Indossare una sua borsa è, in qualche modo, entrare in quell’universo.
E se è vero che la moda è linguaggio, le borse Jacquemus sono parole nuove, frasi spezzate che lasciano spazio all’immaginazione. A volte piccole, quasi ironiche nella loro miniatura estrema. Altre più funzionali, ma sempre con quel tocco “à la Jacquemus” che le rende riconoscibili senza bisogno di alcuna firma visibile.
Per la primavera-estate, abbinarle è un gioco raffinato: con abiti leggeri in lino o cotone, completi sartoriali destrutturati, o semplicemente con un paio di jeans e un top di seta. Perché in fondo, il vero lusso oggi non è ostentare, ma sedurre con leggerezza.
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